domenica 16 novembre 2014

La mia MotoOdissea: capitolo 1

PREMESSA: questa è una storia triste, lunga e dolorosa. Cercherò di renderla lieve quanto possibile ma capitemi, è andata avanti per 5 (diconsi cinque) anni e insomma, la voglia di sterminio c'è ancora.

Ecco, capita che a età improponibili tipo 38 anni, uno (nella fattispecie, io) decida che sì, checcacchio, vuole comprarsi una moto.

Dice, perché? Mah, per un sacco di motivi diversi, non ultima una certa qual inquietudine, e insomma non siamo mica dallo psicanalista? Certo, ora lascia correre che non ho MAI inforcato una moto in vita mia, se escludiamo
il vecchio Motobecane di mio padre: 48 cc (esatto, QUARANTOTTO), avviamento a volano magnetico (sic!) e pedalata di rinforzo, ché il poveretto oltre i 30 all'ora non faceva nemmeno nuovo (ri-sic!).

Logico che uno (sempre io) decida che, ma sì, dai, andiamoci piano con la cilindrata, che non voglio sparare alto. Che ne so, vediamo un po' di occasioni.

E grazie al mio amico (tutti i nomi sono falsi, ché le persone sono vere e ancora ora ho voglia di metter mano alle roncole) "Luciano", che gestiva un po' fuorimano (diciamo dall'altra parte dell'Appennino) una rivendita di moto, mi sono ritrovato felice possessore di una Honda Hornet 600. Insomma, tipo questa qui:

Gli adesivi li ho tolti tutti, giuro
Batteria praticamente andata, ma gomme nuove, marmitta omologata (ma dai), elettronica tutto a posto, praticamente senza benzina (l'ho capito al terzo tentativo di avviarla, con il misuratore che fra un po' mi faceva "no no" con la mano).

Salutato "Luciano", ho ovviamente iniziato a fare le pratiche per la patente. Già,

LA PATENTE

è stata, da subito, una cosa piuttosto stramba. Perché, abituato alla scuola guida per l'auto, per la moto mi sono detto "Oh, sarà mica necessario?" E beh.
No, non è stato necessario, anche perché la Hornettina ha questa sua caratteristica per cui la inforchi la prima volta e ti pare di starci su da dieci anni. Poi dai un colpo di acceleratore e ti ritrovi indietro di mezzo metro mentre la moto è saltata in avanti. Vabbe'.

Comunque: mi sono messo di buzzo buono e ogni tanto, con il foglio rosa, girellavo per le zone meno frequentate della città. Il tutto, in notturna, perché vorrai mica fare il guappo in moto in mezzo al traffico mentre ancora fai fatica a starci in piedi.

Ma lasciamo perdere: al primo esame, spettacolarmente, BOCCIO. E sì, BOCCIO, perché una delle prove (il fatidico "otto" con la moto) non è proprio facilissima da affrontare con una moto come quella, e io ero appena appena teso. Diciamo che una sequoia era più agile e flessuosa.

Mi lecco le ferite, faccio le pratiche e riprovo. Alla seconda volta, tié, Motorizzazione, tié, prendi e porta a casa. L'istruttore mi ha fatto fare l'otto un numero di volte che sembrava di percorrere la rotta di Kessel, ma alla fine toh, patente A.

Aneddotica sparsa


Ci sono diverse cose strafighe dell'andare in moto.
La prima è che (scooteristi e maleducati vari a parte) entri subito in una comunità. Tipo setta segreta, ma mica tanto. Lo capisci dal fatto che gli sfanalii che ci si scambia non significano "Ehi, ci sono i pulotti con l'autovelox mobile", no: è un saluto, "Ciao, compare". Lo capisci perché appena ti guardano guardano anche la moto e cominciano a parlare di carburazione, di sostituire le corone per andare a 250 km/h (oddio) e di pneumatici da far sciogliere al Mugello. Lo capisci perché se cadi si fermano e ti dànno una mano. Poi ci sono gli scooteristi che invece vanno semplicemente annichiliti, perché di queste cose niente sanno e niente capiscono, ma tant'è.

E poi ci sono gli aneddoti.

Come una delle sere che mi esercitavo qui vicino, in una strada con molte rotatorie. Circolando su una di queste, vengo quasi centrato in pieno dal solito SUV, guidato dal solito minus habens (nota a margine: di solito, più è grosso il SUV, più imbecille è il tipo che lo pilota, chissà perché), che non ha notato me, la moto, il faro, niente: lui ENTRA E TRAVOLGE. Due secondi di vuoto dopo averlo evitato per un pelo e mi trovo a 75 all'ora a inseguirlo. E avevo i guanti corazzati. Poi è andata a finire bene (per lui) perché mi sono calmato.

O come un altro caso, sempre in rotatoria, in cui un SUV (e daje!) accelera di colpo dietro di me. Vederlo, fargli ciao ciao con la manina, e fargli mangiare la polvere: soddisfazione garantita.

Insomma, tutto bello? Certo. Fino a quando non decido che, cavoli, sono un bravo contribuente, sarebbe ora di pagare il bollo.

Il dramma: tomo I

Ovverosia di come il nostro eroe si ritrova coinvolto in una sordida storia italiana

Arrivo alla sede dell'ACI, con il mio bel certificato di proprietà e il libretto di circolazione, li consegno all'impiegato, il quale controlla, si ferma un attimo, ricontrolla, e:

"Guardi che lei mica lo può pagare, il bollo."

Mmmmche?

"Vede, la sua moto è bloccata da un


FERMO
AMMINISTRATIVO

per cui non la può proprio muovere.". Giuro, disse proprio così:

FERMO
AMMINISTRATIVO

che si vedeva il corsivo grassetto.

Mia reazione:
Dei motivi, delle misure (legali) e dei consigli illegali parleremo nell'Episodio II: odissea nell'Ostrazio.

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